Nora è ricordata nelle fonti letterarie come “la più antica città della Sardegna”. La sua mitica fondazione è attribuita all’ecista eponimo Norace; tuttavia, se si eccettua la celebre e antichissima “stele di Nora”, oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e generalmente datata alla seconda metà del IX – primo quarto dell’VIII sec. a.C., nella quale si fa menzione di un’ignota area sacra, le prime testimonianze archeologiche risalgono alla fine del VII sec. a.C. A questo periodo si può riferire infatti una serie di buche di palo pertinenti a tende e ad altre strutture provvisorie in materiali deperibili che sono state recentemente individuate nel settore orientale della penisola, al di sotto del complesso del foro e del vicino “Tempio romano”. Tali installazioni documentano una frequentazione stagionale da parte dei mercanti fenici, nel quadro di una rete commerciale che metteva in comunicazione le popolazioni orientali con quelle sarde produttrici di metalli e di altre materie prime. Lo scenario insediativo mutò sensibilmente sul finire del VI sec. a.C., quando l’intera Sardegna cadde definitivamente in mano alla potenza egemonica di Cartagine.
L’insediamento emporico di carattere provvisorio lasciò il posto a un articolato quartiere di magazzini e di abitazioni, servito da un asse stradale rettilineo, che venne evidentemente progettato secondo criteri di funzionalità e di modularità propri di una pianificazione urbanistica evoluta. Nello stesso periodo la città, il cui porto divenne centro di importanti rotte commerciali, conobbe un sensibile sviluppo della propria dotazione monumentale, con la costruzione di un tempio nelle vicinanze dei magazzini stessi e di altre aree sacre in corrispondenza delle tre principali alture della penisola: il cosiddetto “Tempio di Tanit”, l’area sacra del Coltellazzo e quella di Sa Punta ’e su Coloru (sulla quale sarebbe poi sorto il Santuario di Esculapio, luogo di rinvenimento di alcune interessanti statue in terracotta raffiguranti devoti della divinità salutare). Nel corso del tempo l’abitato andò estendendosi verso ovest, con il progressivo sviluppo di nuovi quartieri abitativi e artigianali in direzione dell’antica insenatura portuale, oggi in parte occupata dalla peschiera alle spalle della penisola di Is Fradis Minoris. Il contemporaneo sviluppo delle necropoli a camera nell’area dell’istmo e del tophet nel settore suburbano, ma anche l’utilizzo intensivo delle cave della vicina penisola di Is Fradis Minoris, confermano l’importanza assunta da Nora in età punica sino alle battute iniziali della dominazione romana.
La città entrò prontamente nell’orbita politica di Roma in seguito alla conquista dell’isola e all’istituzione della provincia Sardinia et Corsica nel 227 a.C., come attestato dallo straordinario nucleo di didramme d’argento emesse dall’Urbe e da altre città centro-meridionali, associate a una maschera in terracotta, recentemente rinvenuto nel contesto sacro del cosiddetto “Tempio romano”: la deposizione delle monete e della maschera sono attribuibili a un atto devozionale da parte di un personaggio di assoluto rilievo nel panorama politico della nascente provincia. Al deciso cambiamento delle forme amministrative dell’isola non corrispose però un’immediata riforma delle istituzioni locali, né la città sembra aver subito radicali modifiche del proprio assetto urbano. In età romana Nora conobbe dunque la sua prima rilevante fase di monumentalizzazione solamente nella seconda metà del I sec. a.C., poco dopo essere stata menzionata nell’orazione Pro Scauro di Cicerone, probabilmente in seguito alla sua promozione a municipium civium Romanorum: ciò le permise di conseguire un prestigioso status politico-amministrativo che Plinio il Vecchio attribuisce in Sardegna soltanto alla vicina Cagliari. A questo periodo risale infatti la realizzazione del foro nel settore urbano compreso tra il cosiddetto “colle di Tanit” e il promontorio del Coltellazzo, in un’area centrale dell’abitato, tanto che le operazioni di cantiere comportarono la sistematica distruzione e il definitivo interro del sottostante quartiere di magazzini di origine arcaica rimasto sino ad allora in uso. Al di là di quanto il cattivo stato di conservazione delle strutture e l’erosione della porzione meridionale della piazza consentano di ricostruire, per la sua posizione urbana, per l’organizzazione interna degli spazi, per la funzione dei singoli edifici che vi si affacciavano e per la monumentalità stessa dell’insieme architettonico, il complesso forense doveva rappresentare appieno l’acquisizione del nuovo status politico-amministrativo. L’intervento edilizio, fortemente connotato in tal senso, modificò per secoli la fisionomia di questo settore dell’abitato, sia sotto l’aspetto architettonico sia sotto quello urbanistico.
L’opera di adeguamento monumentale del centro cittadino trovò la sua naturale prosecuzione nel corso della prima età imperiale. Si data infatti al I sec. d.C., se non già alla prima età augustea, la costruzione del ben noto teatro in muratura eretto nelle immediate vicinanze del foro, nel luogo di alcuni edifici più antichi. Si tratta dell’unico edificio teatrale conservato in tutta la Sardegna, capace di contenere fino a 1100-1200 posti a sedere. Non è questo però l’unico edificio per spettacoli presente in città, dal momento che, all’imbocco dell’istmo all’ingresso dell’abitato, agli inizi del XX secolo fu verificata anche l’esistenza di un piccolo anfiteatro, di datazione incerta, che rende Nora l’unico centro sardo dotato di entrambe le importanti strutture. Altri interventi edilizi sono segnalati nel corso del I e del II sec. d.C. Il centro monumentale della città andò perfezionando in questo periodo la sua fisionomia, grazie anche all’erezione di numerose statue onorarie dedicate ad imperatori e a cittadini illustri, mentre, l’opposto versante della città, in direzione del porto, divenne sede di un nuovo quartiere regolare di case-bottega, appositamente progettato per le esigenze abitative e commerciali del ceto medio.
In età severiana e nei decenni ad essa successivi si assiste al periodo più florido di Nora, come evidenziato dalla crescita delle importazioni ceramiche, dallo sviluppo della produzione artistica, in particolar modo musiva, e dal concretizzarsi della più imponente fase di sviluppo monumentale, con la realizzazione di importanti interventi di carattere infrastrutturale (tra cui spicca il completamento dell’opera di lastricatura di gran parte del sistema viario provvisto di condotti fognari sottopavimentali) e di un numero tanto rilevante di strutture pubbliche e private da non trovare confronto in altri periodi della storia urbana. Tra la fine del II e i primi decenni del III sec. d.C. fu innanzitutto potenziato il complesso forense, con il restauro della basilica civile, la costruzione di due imponenti archi di accesso e l’ampliamento della piazza. Nell’ambito del vecchio “centro storico”, a questa fase si data anche la realizzazione dell’imponente tempio esastilo, noto con il nome di “Tempio romano”, innalzato alle pendici sud-orientali del cosiddetto “colle di Tanit”. Inoltre fu costruito l’acquedotto pubblico, che alimentava il castellum aquae cittadino con la sottostante fontana e tre impianti termali: le Terme centrali, le imponenti Terme a mare e le più modeste Piccole terme, sorte forse con destinazione privata. In questo momento, complice la dislocazione degli impianti termali, si verificò una sorta di “quartierizzazione” della vita cittadina, grazie al sorgere di nuovi spazi aggregativi non più gravitanti sull’asse foro-teatro. Nel settore centro-meridionale della città si ebbe poi una serie di interventi edilizi che portarono alla costruzione di due ricche abitazioni signorili, tra cui la cosiddetta “Casa dell’atrio tetrastilo”. Ma, in assoluto, il settore urbano maggiormente interessato dai rinnovamenti edilizi di questa fase fu quello nord-occidentale, non solo con la costruzione di impianti termali come le imponenti Terme a mare, ma anche con le modifiche nel quartiere delle case-bottega e con la costruzione di un grande complesso polifunzionale di natura commerciale e abitativa (il cosiddetto “macellum/horreum” o “insula A”). Ignota è invece l’ubicazione dell’edificio da cui proviene una rara dedica Dis deabusque secundum interpretationem oraculi Clari Apollinis, databile probabilmente all’età di Caracalla, che sembra rispondere a una precisa direttiva da parte del potere imperiale.
Una certa vitalità economica ed edilizia è attestata anche nel corso del IV sec. d.C. Nel settore orientale furono edificate (o ristrutturate) le Terme di Levante, mentre sulla punta meridionale venne monumentalizzata la struttura dell’antico “Santuario di Esculapio”. Anche il settore nord-occidentale fu ancora una volta teatro di imponenti realizzazioni architettoniche, con il raddoppio dell’estensione del cosiddetto “macellum/horreum” e con l’ampliamento di superficie delle Piccole terme, cui seguì la costruzione di una basilica cristiana a tre navate probabilmente già nel corso del secolo successivo. Nella prima metà del V sec. d.C. il restauro del portico occidentale del foro e quello dell’acquedotto cittadino, ricordato da un’iscrizione, documentano le ultime attività edilizie pubbliche della città romana prima della conquista vandala. Anche dopo questo epocale cambiamento storico l’abitato continuò comunque la sua vita, benché condizionato da una sensibile contrazione delle attività e degli spazi urbani: gli edifici abitativi dei quartieri centrale e nord-occidentale continuarono almeno in parte ad essere utilizzati, anche se con sensibili variazioni d’uso e con frequenti modifiche strutturali, avvalendosi dell’antica rete stradale, ancora sostanzialmente funzionante. Lo stesso trend delle importazioni di ceramica sigillata africana in città denota una certa ripresa sino ai primi decenni del VI sec. d.C., attestando indirettamente l’efficienza delle infrastrutture portuali anche dopo la fine dell’età antica.
La città dovette cambiare decisamente volto soltanto a partire dal VI secolo, in età bizantina, quando la rete viaria romana cadde in abbandono e l’abitato assunse così un nuovo aspetto. Dell’ultima fase di vita di Nora sono noti alcuni episodi edilizi che risultano variamente distribuiti nell’area urbana, la cui densità edilizia si era ormai piuttosto rarefatta rispetto a un tempo. Notevole importanza sotto il profilo della rifunzionalizzazione degli edifici antichi riveste la probabile trasformazione in strutture di carattere difensivo subita dalla cella del tempio forense e dal complesso edilizio delle Terme a mare, dei quali si sfruttarono l’imponenza monumentale e la favorevole posizione ai fini strategici. Sembra però trattarsi di interventi piuttosto circoscritti, nei quali si può forse cogliere l’esito di una certa contrazione della vita urbana. Molto noto è il passo della Cosmographia dell’Anonimo Ravennate che sul finire del VII sec. d.C. definisce Nora come un semplice praesidium. Poco si sa degli ultimi anni di vita di Nora e del suo definitivo abbandono. Le testimonianze più recenti riguardano il settore occidentale della penisola: l’ultimo edificio a cedere fu probabilmente la fortezza ricavata all’interno delle antiche Terme a mare, che crollarono devastate da un incendio verso la fine del VII oppure nell’VIII sec. d.C. Priva ormai di adeguate strutture difensive, Nora dovette così soccombere ai rovinosi effetti delle sempre più frequenti incursioni arabe.
Pausania, X, 17, 4 (cfr. Solino, IV, 1-2): “Dopo Aristeo passarono in Sardegna gli Iberici, avendo come condottiero Norace, e fu da questi edificata la città di Nora: questa è la prima città che si rammenta ci sia stata nell’isola; dicono inoltre che Norace fosse figlio di Eriteia nata da Gerione e Mercurio” (M. Perra).
Cicerone, Pro Scauro, in part. 6, 11: Quae quidem suspicio valuit etiam plus ob hanc causam quod, cum agerent parentalia Norenses omnesque suo more ex oppido exissent, tum illa est a liberto suspendisse se dicta.
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, III, 7, 85: Celeberrimi in ea populorum Ilienses, Balari, Corsi, oppidorum XVIII Sulcitani, Valentini, Neapolitani, Vitenses, Caralitani civium R(omanorum) et Norenses, colonia autem una, quae vocatur ad Turrem Libisonis.
Itinerarium Antonini, O. Cuntz (ed.), 84, 7 – 85, 3: Item a Sulcis Nura m. p. LXVIIII: Tegula m. p. XXXIIII, Nura m. p. XXXV. A Caralis Nura m. p. XXII.
Anonimo Ravennate, Cosmographia, V, 26 (cfr. Guidone, Geographica, 64): Nora praesidium.